Sono Raimondo Castaldo, un ragazzo nato a Napoli, il 21 marzo del ’90, due mesi prima o giù di lì che il Calcio Napoli vincesse il suo secondo scudetto. Sono cresciuto in provincia, a Sant’Anastasia, in un condominio denominato “Parco Azzurro” (un nome a caso): ero ovviamente destinato ad essere tifoso del Napoli. “Dodo” è il soprannome che mi hanno affibbiato da piccolo. In realtà mi dicono sia stata opera mia: incapace di pronunciare il mio nome per intero, da bambino mi uscivano solo quelle due sillabe “Do-do”. E mi è rimasto.
Grande appassionato di calcio fin dalla tenera età, tifoso del Napoli e della Nazionale italiana, ho trascorso la maggior parte della mia esistenza guardando partite di calcio, leggendo la Gazza, seguendo il football in ogni sua sfaccettatura e sfumatura. Amante del calcio internazionale -con un debole particolare per la Premier League- ho vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù, sui campetti di periferia. Asfalto, terreno, erbetta sintetica: ho fatto tutta la trafila. Ho partecipato a Tornei amatoriali e li ho organizzati. Le ho prese e le ho date, come tutti. Ho vinto, ho perso, ho pareggiato. Ho gettato sangue, sudore e lacrime appresso alla palla ad esagoni e ci provo ancora. Ho amato profondamente quel pallone ogni secondo, dal primo istante in cui l’ho calciato, e continuo ancora a farlo.
Dopo il diploma di maturità scientifica, mi sono iscritto alla facoltà di Ingegneria Gestionale della Logistica e della Produzione. A breve -se tutto va bene, toccate ferro insieme al sottoscritto- conseguirò anche la Laurea Magistrale. Negli anni ho sviluppato la passione per il giornalismo sportivo e la scrittura. Dopo gli inizi con TifoNapoli.it, ho lavorato con Soccermagazine.it e Breakingsport.it. Per tre anni ho fondato e condotto -insieme alla collega Maria Grazia De Chiara- la trasmissione “Uno in Goal” su Radio Antenna Uno.
Giornalista pubblicista, addetto stampa in ambito calcistico giovanile, ho voluto fondare la pagina Facebook “Il Volo del Dodo” e il portale “ilvolodeldodo.it” per restituire al calcio tutto ciò che mi ha dato, per far capire l’importanza dello stesso nella mia vita ed in quelle altrui. Per seguirlo insieme a voi con passione e dedizione, capacità di analisi e di giudizio, come ho sempre fatto.
La vita ed il calcio spesso si fondono e non capisci più dove finisce l’una ed inizia l’altra, come esplicitato in “Febbre a 90°” da Nick Hornby, scrittore che più di ogni altro ha influenzato il mio percorso. E questo è uno degli aspetti che amo di più.
Appassionato di altri sport -basket su tutti- musica, cinema e serie TV, se doveste decidere di salire sulle ali del Dodo, potrete osservare panorami calcistici inaspettati, intrisi di vita e di passioni, di note ed immagini, di sogni e speranze, paure ed illusioni.
Viaggiate insieme al Dodo. Non ve ne pentirete.
L’importanza del Sette #7
Il 7 è il mio numero preferito. Il mio legame con esso è indissolubile. Il primo numero che ho indossato nella squadretta delle elementari e la mia posizione nell’elenco scolastico sia alle medie che al liceo: non poteva che entrarmi dentro. I numeri sette hanno una storia tutta loro. Sono unici. Il loro estro è singolare, esclusivo, inusuale. Il 7 lo vedi da come scende in campo, da come si muove. Si distingue. Si è numeri sette per scelta. Qualcuno di loro poteva aspirare alla “dieci”, ma non gli è mai interessata. Il numero 7 è tale perché diverso da tutti gli altri.
Di numeri 7 ne ho amati tanti, da Shevchenko a Raul, dall’eroe greco Zagorakis a Rodrigo Taddei, passando per la massima ispirazione David Beckham, fino ai napoletani, il “Pocho” Lavezzi (il calciatore che ho amato maggiormente al pari di Ronaldinho), Edinson Cavani e Josè Callejon dei giorni nostri.
“Quest’altr’anno giocherà, con la maglia numero sette…”
#7