Il primo luglio del 2006 si giocava una partita speciale. Ci sono partite e partite. Alcune anonime, che finiscono nel dimenticatoio. Altre invece, sono destinate a scrivere capitoli indelebili nella storia dello sport. Embed from Getty Images Il primo luglio di tredici anni fa, andava in scena il quarto di finale del Mondiale 2006. Di fronte, il Brasile e la Francia, remake della finale di Saint-Denis di otto anni prima. In copertina, i protagonisti, sempre loro due, decisivi, nel bene e nel male: Ronaldo contro Zidane. Il Fenomeno, otto anni prima, aveva dovuto giocare una finale benché non fosse minimamente in condizione per farlo, sotto presunte pressioni degli sponsor e…
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NBA, Champions League e Westbrook: ricomincio da zero
Il vuoto. All’improvviso. Senza motivo. In testa e nella pancia. Come se non avessi niente in nessuna delle due cose. Vacue. Assenti. Come te. Che non riesci a sentire più nulla. I tuoi programmi, i tuoi sogni, le tue speranze. La tua anima. In un attimo. Puff, sparita. Embed from Getty Images Ti succede dal nulla. Mentre stai tranquillamente studiando. E allora corri, goffamente, verso la cucina. A momenti cadi per le scale. Gli altri parlano ma tu non li senti. Prendi acqua e zucchero, sperando ti riprendano. Rimedi antichi che nessuno sa se e quanto funzionino realmente. Ed infatti, non funziona. Non riesci a calmarti. Allora ti vesti. Esci.…
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Fabio Quagliarella e la Nazionale, nove anni dopo. Ancora Tu?
Tra il 24 Giugno 2010 e il 26 Marzo 2019 sono passati quasi nove anni. Nove anni in cui è cambiato il Mondo, dal modo di vivere alla cultura, in ogni ambito. Nove anni cui ognuno di noi non è più lo stesso. Eppure ieri sera, mi è sembrato di aver oltrepassato uno Stargate (ve lo ricordate il film?), quasi come se si fosse aperta una finestra sul passato. Come se ci fosse un legame concreto, tra passato e presente. Embed from Getty Images Quella mattina di giugno di nove anni fa, si sposò mia cugina. Ed io, che dal ’98, ovvero da quando ne avevo praticamente coscienza, non…
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Le storie del Dodo: la Nazionale italiana e il 3 luglio 1998, la prima estate mondiale
Estate di vent’anni fa, mese più, mese meno. Primi di luglio. È il ’98. Ho solo otto anni e, senza saperlo, sto per vivere la prima estate che segnerà una parte importante della mia vita. Il primo Mondiale della mia vita vissuto con coscienza e consapevolezza. Il primo, in cui si manifestò uno degli amori più profondi della mia vita, che mi accompagna ancora oggi, anche se in maniera diversa: l’amore per l’azzurro della Nazionale. Embed from Getty Images Il 3 luglio del ’98, senza saperlo, sarebbe entrato nell’immaginario collettivo della mia vita come la prima cartolina estiva di una lunga serie. È un pomeriggio estivo di quelli classici, con…
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Cuneo-Pro Piacenza, l’ultima farsa del calcio italiano – La lettera
Ci avevano solo detto che dovevamo giocare. Solo quello. Sembrava quasi come se dovessimo giocare una partita delle nostre. Invece si trattava di professionismo! Non che non ci abbia mai pensato eh, ovviamente. Qualsiasi ragazzino che tira due calci ad un pallone sogna di arrivarci. Eppure, l’esordio tra i grandi, me lo aspettavo diverso. Decisamente diverso. Invece ci hanno mandato lì così, allo sbaraglio. Solo per scongiurare l’esclusione dal campionato. Ma non eravamo nemmeno undici! In undici ne avremmo presi comunque una vagonata, figuriamoci in sette. Che poi uno di noi si è scordato pure il documento ed ha dovuto giocare il massaggiatore. Sembra una barzelletta, invece non c’è niente…
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Emiliano Sala, la prima storia del Dodo
Il 21 gennaio era un lunedì come tanti. Almeno sembrava. Nel cielo, in volo, insieme agli aerei, agli uccelli, ai sogni e le speranze di chi vive sulla terra ferma, c’era pure un piccolo aereo da turismo, con a bordo un passeggero speciale, non uno dei tanti, bensì l’idolo di una tifoseria. Embed from Getty Images Emiliano Sala era lì, in alto, dove la sua carriera lo stava portando, finalmente. All’inizio non è stato così. Anche la sua storia ricorda quella di un Dodo, a cui dicevano che non sapeva volare, ma che, alla fine, credendo in sé stesso, dopo tanto tribolare, c’era riuscito. Sognando, fin dai primi calci in patria,…
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Lettera di un tifoso a Marek Hamsik: cronaca di una storia d’amore
Come nel caso Lavezzi, Cavani, Higuain -e spero che sia l’ultima volta, ma ne dubito- anche ora ho atteso l’ufficialità prima di parlare. Embed from Getty Images La vita napoletana di Marek Hamsik è una serie storica, un insieme di dati nel tempo, come piacerebbe definirla al mio professore di IMCO (spero l’esempio sia pertinente, alla fine ho preso diciannove a quel dannato esame, quindi non vi assicuro niente). Potrei pescare a caso nel mazzo degli eventi, da qualsiasi punto della storia. Potrei partire dall’inizio od alla fine, dalla Sampdoria alla Sampdoria, dal primo goal azzurro -la spallata del Pocho e la zampata del Panterone come briciole da seguire per…
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Hübner, Calcutta e la pasta in bianco
In loop. Da ieri sera. Da quando un amico l’ha postata su Facebook e l’ho ascoltata per la prima volta. Un pomeriggio piovoso d’inverno, di metà settimana. Di quelli grigi, che più grigi non si può, che nemmeno i Signori Grigi di Momo potrebbero. Embed from Getty Images Quei pomeriggi in cui avresti una miriade di cose da fare, ma non ne hai voglia. Di quelli in cui ti fai un caffè, ma ce ne vorrebbero almeno altri dieci per attivarti. Ed invece ne prendi uno. E resti lì, fermo, chiuso in una stanza con la stufa cercando disperatamente di riscaldarti con quel poco di calore che ti può offrire.…
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Higuain, Don Neto, cacio e pepe e la scommessa mancata
Mi piace scommettere. Non grandi cifre. Il cinque euro domenicale sulla Serie A. Sempre e solo Serie A. Di rado, al massimo, qualche partita di Premier. “Non gioco su cose che non conosco” semi-cit. Un tempo giocavo di più, anni fa. Viaggiavo sui 15-20 euro a settimana. E vincevo anche di più. Ma è durato un paio d’anni, non molto. L’euforia della giovinezza. Scommettere sul calcio va contro la mia idealizzazione del gioco, verissimo. Ma lo facevo. Mi piaceva. Mi piace. Umana debolezza. Embed from Getty Images Alla fine scommetto solo quei cinque euro, di domenica mattina, sulle partite delle 15. O meglio, quel che resta di esse. Al calcio…
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La morte del centravanti
Nel calcio moderno sono quasi spariti. Non ce ne sono quasi più. L’evoluzione del gioco, animata dalla volontà di non dare punti di riferimento, ne è stata la causa scatenante. Concetto in linea con l’idea di calcio totale nata con l’Arancia Meccanica di Cruijff negli anni ‘70, passando per il Milan di Sacchi, fino ad arrivare alla sua espressione moderna: il Barcellona di Guardiola. Quel seme trapiantato dal compianto Johan in terra catalana, raccolto e coltivato da Pep. Un’idea che in Italia abbiamo visto di recente, grazie al Napoli di Sarri. L’esigenza di non voler dare alcun punto di riferimento. Un calcio meno fisso, più fluido. E la domanda diventa…