Roma, quartiere Casetta Mattei, 30 dicembre 2017
“Ciao, ce l’hai fatta!”
“Sono partito un po’ tardi, ma sono in tempo per il pranzo, no?”
“Siii, ti abbiamo aspettato. Vieni, è pronto”.
Il risotto con gamberi e zucchine mi aspetta. Dopo due ore e mezza di auto, una volata Napoli-Roma senza spuntini, ho una fame da lupi. Mi siedo e solo adesso do un’occhiata alla TV. C’è Roma-Sassuolo. Ho un sussulto. “Diamine, oggi è l’ultima del Capitano!”. Nel marasma del viaggio e dei preparativi per capodanno me ne sono completamente dimenticato. Meno male che riusciamo a vederla. Sarà l’ultima volta che vedrò Paolo Cannavaro in campo. Non riesco a crederci. Anche lui sta per appendere le scarpette al chiodo. Come passano gli anni. Eppure dopo aver ascoltato la sua conferenza stampa di saluto –ieri sera, mentre preparavo la valigia-, mi sento più sollevato. Mi mancherà comunque, ma almeno so che è stata una scelta ponderata, presa con grande serenità.
Solo il tuo bene, Capitano. Grazie di tutto. Avrò tempo per intristirmi, ma oggi no. Oggi voglio solo godermi i tuoi ultimi passi in campo.
Napoli, due anni prima, all’ingresso di un hotel di Posillipo di cui non ricordo il nome, 22 febbraio 2015.
“Ma sei sicuro che ci fanno entrare?”.
“Non ti preoccupare. Tu caccia il tesserino e seguimi”.
Max era sicuro. Ed aveva ragione. Siamo riusciti ad entrare nell’albergo che ospita il ritiro del Sassuolo. Le possibilità di realizzare uno dei miei piccoli sogni stanno aumentando a dismisura. La lettere che avevo scritto qualche anno prima per festeggiare i suoi trent’anni, quella che non gli avevo mai dato ma che avevo cercato –ovviamente invano- di postargli su twitter, è nella mia tasca. Ad un tratto li vediamo; entrano nella hall tutti i calciatori del Sassuolo, ognuno di loro in divisa sociale, con i rispettivi trolley. C’è anche Paoletto, con i suoi capelli rasati e l’orecchino. Inconfondibile. Cerchiamo di avvicinarci ma c’è un tale casino tra giocatori, giornalisti e curiosi che siamo incastrati. Paolo si fionda in ascensore con Floccari ed un altro compagno di squadra che non ricordo. Lo rincorro e, mentre stanno per premere il pulsante del piano, prendo la lettera dalla tasca e gliela consegno: “Paolo questa è per te!”. Lui la afferra, mi lancia uno sguardo tra lo stupito ed il confuso; d’altronde in quel caos non ci sta capendo nulla nemmeno lui. Le porte si chiudono. Missione compiuta. In parte, almeno.
Una mezz’ora più tardi, in molti sono andati via. Siamo rimasti solo io, Max e un altro paio di colleghi. Siamo in prossimità della sala pranzo. Speriamo di ribeccare i giocatori del Sassuolo. Eccoli che arrivano. Sfilano nel corridoio che collega le stanze alla sala pranzo. Qualcuno è ancora in camicia, la maggior parte invece indossa le polo di rappresentanza. Ne fermiamo qualcuno. Scattiamo qualche foto con Floccari, Taider, Zaza, Berardi, Ciro Polito. Sono tutti molto gentili e socievoli. Con alcuni di loro scambiamo anche qualche battuta. Parliamo con Francesco Acerbi. Un ragazzo squisito, educatissimo, dalla grande umanità. Se penso a tutto quello che ha passato mi vengono i brividi…e poi, arriva anche Paolo Cannavaro. Finalmente. In realtà aspettavo solo lui. Gli chiedo una foto, me la concede. Poi gli dico se ha aperto la lettera e lui mi risponde con un “Guarda, a’ teng’ ind’ a sacc’, nun’ t’ preoccupà, dopo me la leggo”. Rido di gusto. Mi ha risposto come se fosse un amico, con grande sincerità e schiettezza. È proprio come me lo immaginavo. Uno scugnizzo dal cuore d’oro. Si fa una chiacchierata con noi ed i colleghi rimasti riguardo al suo trasferimento, sulla partita di domani (Napoli-Sassuolo 2-0, 23-2-15 ndr), l’emozione del ritorno al San Paolo da avversario. Poche battute, poi lo lasciamo, finalmente, alla sua cena.
Usciamo dall’albergo. Sorrido. Sono felice. Mi giro verso Max. “Grazie”. “Te l’avevo detto che entravamo…”.
P.s. per chi volesse leggerla, la lettera recitava così:
“Capitano, Mio Capitano,
sette anni sono trascorsi da quando hai realizzato il tuo Sogno di giocare nel Napoli della Rinascita. Domenica dopo domenica, hai indossato con ORGOGLIO la tanto agognata fascia sul braccio, quella con la “C”, quella che D10S descriveva esclamando: “esta me ingrossa il petto”. Forse lo stesso vale per te. L’hai portata sempre a petto in fuori e testa alta, rappresentando i colori del tuo Cuore. Tu solo puoi sapere quanto siano pesanti quella fascia e quella maglia per Te, Napoletano tifoso del Napoli, con un cognome così impegnativo. Una pressione immensa, difficile da reggere; già i napoletani sono esigenti oltremodo con i consanguinei, figuriamoci con un cognome così…
Invece, tu hai saputo andare oltre. Hai superato ogni ostacolo, insegnandomi tanto. Mi hai insegnato che si può dare il meglio di sé e non arrendersi mai anche quando piovono le critiche più becere. Mi hai insegnato che gli altri sono sempre pronti a sputare merda quando le cose vanno male e osannarti quando vanno bene. Mi hai insegnato che si può essere profeti in patria e che non bisogna per forza scappare da questa terra per realizzarsi. Mi hai insegnato che con il Lavoro e la Dedizione, l’Onestà ed il Cuore, si può sopravanzare qualsiasi difficoltà.
Io ti ricorderò sempre così, a testa alta, con gli occhi lucidi di chi sa di aver ottenuto qualcosa di importante, conquistandola col sudore e con le lacrime. Nessuno ti ha mai regalato niente.
Capitano Mio Capitano,
i miei più sinceri Auguri di Buon Compleanno da un tuo grande tifoso. Sempre al tuo fianco, nelle Battaglie Passate e quelle Future.”