I mille volti del Napoli di Ancelotti e la dipendenza dai risultati.
Il Napoli cede il passo a domicilio, contro il Cagliari. Le tessere del puzzle di Ancelotti (di cui abbiamo parlato già lunedì – CLICCA QUI https://www.ilvolodeldodo.it/post-napoli-turnover-e-quattro-goal-al-lecce-il-puzzle-di-ancelotti/ ) hanno dato vita ad un una nuova figura; stavolta però non si sono incastrate alla perfezione, dovendo fare i conti con Olsen e…la sfortuna.
Figura nuova dicevamo; dall’artiglieria pesante di Lecce, ai pesi leggeri di Fuorigrotta, con la coppia Lozano-Mertens in attacco. Sulle fasce Insigne e Callejon, supportati in mediana da Allan e Zielinski. 4-4-2 a trazione anteriore, con un assetto diverso per caratteristiche da quello del Via del Mare che prevedeva un centrocampista in più ed un uomo offensivo in meno.
I numeri parlano chiaro e sono tutti a vantaggio dei padroni di casa. 17 tiri totali a 5, 8 tiri in porta a 1 (che però vale 3 punti, il colpo di testa di Castro), 63% di possesso palla a 37%. Cifre impietose che però discordano col risultato. Una sconfitta che fa male, specialmente per l’andamento del secondo tempo. Alla luce della mole di gioco, è davvero difficile trovare una spiegazione. Forse una delle colpe sarebbe da ricercare in un primo tempo giocato un po’ sotto ritmo, con la sola grande occasione di Insigne (imbeccato splendidamente da Mertens) ribattuta da Olsen.
Gli azzurri nella ripresa hanno cambiato passo. Ci hanno provato e riprovato, sbattendo continuamente contro il muro della difesa rossoblu o i pali della porta di Olsen (chiedere a Mertens, il migliore dei suoi, che colpisce prima il palo sinistro e poi il destro alle spalle dell’estremo difensore svedese). Nemmeno l’ingresso de “O’ Sarracin’” Llorente cambia la rotta, nonostante si procuri due occasioni nitide che testimoniano il momento di grazia. Quando gli dei del calcio decidono, c’è poco da fare. Va dato merito però al Cagliari che si è difeso bene ed è ripartito, rimanendo in partita; bravi gli uomini di Maran a crederci e colpire in contropiede con il neo-entrato Castro servito da Nandez, sempre più colonna portante dei sardi.
Al netto degli episodi e della grande quantità di occasioni costruite, in certi momenti la squadra di Ancelotti è parsa un po’ più confusionaria rispetto alle ultime uscite, specialmente in fase di costruzione a centrocampo. La coppia Allan-Zielinski talvolta ha faticato a creare gioco, dialogando poco. Insigne ha sofferto la fisicità degli esterni avversari, perdendo lucidità. Callejon ha fatto il solito lavoro sporco, alimentando l’azione offensiva quando possibile.
Il progetto di Carlo prevede un Napoli che cambi volto continuamente, come Arya Stark, mantenendo dei canoni base. Come scrivevamo nello scorso PostNapoli, le cose andranno divinamente finché i risultati non ne risentiranno. È il gioco delle tre carte, anzi, dei tre punti: se ieri il Napoli avesse vinto (cosa tutt’altro che improbabile vista la gara), oggi staremmo tessendo le lodi del mister. Invece si cercano cause e colpevoli, evidenziando i lati negativi. Il calcio è beffardo, basta un palo o una zolla mal riposta e tutto cambia.
Attenendosi ai fatti però, non si sbaglia. I tre punti persi di ieri pesano sull’andamento del campionato. La Juve è a +4 e l’infallibile (almeno per ora) Inter di Conte è a +6. Come da copione, il fardello è sulle spalle del tecnico: starà a lui trovare la (s)quadra giusta.
Che l’abito sia lo stesso o se ne cambi uno diverso ogni domenica, il fine non varia: la ricerca della vittoria, come la felicità di Will Smith. Altrimenti giù critiche. È la solitudine dell’allenatore, come cantava Morandi.