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Fabio Quagliarella e la Nazionale, nove anni dopo. Ancora Tu?

Tra il 24 Giugno 2010 e il 26 Marzo 2019 sono passati quasi nove anni. Nove anni in cui è cambiato il Mondo, dal modo di vivere alla cultura, in ogni ambito. Nove anni cui ognuno di noi non è più lo stesso. Eppure ieri sera, mi è sembrato di aver oltrepassato uno Stargate (ve lo ricordate il film?), quasi come se si fosse aperta una finestra sul passato. Come se ci fosse un legame concreto, tra passato e presente.

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Quella mattina di giugno di nove anni fa, si sposò mia cugina. Ed io, che dal ’98, ovvero da quando ne avevo praticamente coscienza, non mi ero mai perso nemmeno un minuto di gare ufficiali dell’Italia, fui costretto a farlo. Mi persi tutto il primo tempo di Slovacchia-Italia, nonostante gli azzurri si giocassero la sopravvivenza al Mondiale 2010. Se me l’avessero detto, non c’avrei mai creduto.

In chiesa (non Enrico, e nemmeno Federico), io e mio cugino, tra i pochi a cui la partita interessava più del matrimonio, ci affidammo ad un auricolare di fortuna nascosto nel fodero della mia giacca (non esistevano ancora gli smartphone con le App). Giusto il tempo di sapere dello svantaggio dell’Italia. Dopo qualche minuto, mio cugino non c’era più. Stavo per uscire anche io, ma la mia famiglia stretta mi trattenne, marcandomi a uomo, manco fossero Maldini e Baresi. Appena fuori dalla chiesa però, in un amen, non vidi più nessuno. Forse non eravamo solo io e mio cugino ad avere in testa il destino del Lippi-Bis. Piede sull’acceleratore e culo sulla Punto. Arrivai a casa in un amen. Mi sentivo come se guidassi una Gallardo (Lamborghini, non Marcelo). La partita transitava intorno al sessantesimo. E l’Italia perdeva ancora, con la Slovacchia, il che mi rendeva ancor più incredulo del fatto che non avessi visto il primo tempo.

Mezz’ora alla fine. Scoprimmo poi che saremmo stata la fine del Mondiale, non solo della partita. Uno dei punti più bassi della storia calcistica del Belpaese. Eppure quei trenta minuti che vidi, furono i più belli di quel disastrato Mondiale. E il motivo in realtà aveva un nome ed un cognome: Fabio Quagliarella. Fabio, in un tempo solo, dimostrò di essere nettamente il migliore dei ventidue in campo ed il calciatore più in forma della Nazionale (e anche Christian Maggio si difese in quegli unici 45’ giocati). E, per la terza volta nella giornata, ero ancora più incredulo: perché non aveva giocato un minuto fino a quel momento?

Fabio in 45 minuti generò il goal di Di Natale, gli fu annullata una rete e segnò alla sua maniera, con una magia, la sua unica marcatura in un Mondiale: cucchiaio e goal delle speranza. Speranza vana, che si chiuse con il tiro sbilenco di Pepe terminato a lato, triste sipario di un Mondiale cominciato male e finito peggio.

Nove anni dopo, sono ancora incredulo. Nove anni dopo, chi l’avrebbe mai detto, rieccolo qui. Fabio adesso ha trentasei anni, gioca nella Samp ed è il capocannoniere della Serie A con ventuno reti. Dopo l’infortunio grave e la storia scioccante che l’ha accompagnato di cui tutti sanno la matrice (e, francamente, non ci va nemmeno di parlarne), dopo una carriera lunga, fatta di alti e bassi, di magie meravigliosa e di rimpianti, Fabio torna lì, ad essere il centravanti della Nazionale. Si presenta sul dischetto, in una gara ufficiale, qualificazioni ad Euro 2020 contro il Liechtenstein. Jorginho, un altro che ha Napoli nel cuore come lui, gli lascia l’onere (e lo farà anche una seconda volta poco più tardi). Quagliarella segna su rigore, con un tiro forte, centrale, scaraventando tutta la sua rabbia, la sua voglia di riappropriarsi di ciò che gli spettava e che invece, il destino, beffardo, gli ha tolto, in più di un’occasione. Due goal su rigore per ricominciare la corsa, a trentasei anni suonati. Nella giovane Nazionale che Mancini sta costruendo, a segnare è il più vecchio, anche per le statistiche. Un piccolo record che lo fa entrare nella storia della Nazionale e che sarà suo almeno per un po’.

Nove, come gli anni che sono passati. Nove, come il numero storico dei bomber di razza.  Nove, come i mesi che ci separano dal sorteggio della fase finale. Ed allora io ho un sogno, caro Fabio. Che dieci anni dopo quel maledetto Mondiale sudafricano, tu possa tornare a difendere i colori azzurri in una grande manifestazione. E magari diventare il centravanti titolare dell’Italia ad Euro 2020. E che tu possa segnare, ancora una volta, alla tua maniera, facendoci stropicciare gli occhi. La strada è ancora lunga, ma l’obiettivo è alla portata.

In nove anni sono cambiate tante cose, vero, tranne una: Quagliarella ed il goal si amano ancora.

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